Continuiamo con la nostra rubrica di interviste, proponendovi l’intervista che abbiamo fatto quest’estate a Donatella Albini, consigliere comunale di Brescia.
D: Nel suo ruolo professionale ha mai avuto occasione di confrontarsi con realtà legate al mondo della salute mentale e della psichiatria in particolare?
R: Realtà intesa come persone o come servizi? Realtà intesa come persone sicuramente sì perché io faccio la ginecologa, quindi nell’ambito professionale in reparto c’è il tema delle donne che affrontano con difficoltà il parto, penso alla depressione. Ma soprattutto a livello consultoriale, dove opero ancora e ci sono strutture di residenzialità diurna e non diurna, con persone affette da questi problemi, con cui c’è un rapporto non dico quotidiano, ma settimanale. E’ una realtà che conosco molto bene dal punto di vista professionale e che conosco bene dal punto di vista istituzionale perché faccio parte del tavolo della salute mentale.
D: Parlando di pregiudizio nell’ambito della salute mentale, lei ritiene che un utente psichiatrico subisca discriminazioni sociali?
R: Secondo me sì, per due ordini di motivi; il primo perché esso stesso o essa stessa si sentono altro rispetto ad una cosiddetta persona normale. In una società in cui la normalità ha dei paletti e dei muri messi all’interno di una codificazione rigida, uno ci sopravvive e ci cammina dentro, insomma uno apre la porta e supera. La persona che ha più difficoltà a relazionarsi, che fa un po’ fatica a trovare la porta da aprire, ha invece più problemi. Il secondo tema è invece molto più importante perché chi soffre di disagio mentale viene visto come soggetto pericoloso, socialmente pericoloso, per esempio dare lavoro ad una persona affetta da depressione, oggi, è uno stigma difficile da superare, viene considerato socialmente pericoloso, non perché fa del male ma perché non rientra in questa organizzazione di normalità rigida. Quindi lo stigma secondo me c’è.
D: Come si potrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla salute mentale?
R: Va sensibilizzata in maniera molto semplice, ne parlavamo prima, per esempio facendo girare la filmografia che c’è sulla questione della salute mentale, sui luoghi di ricovero e sullo stigma, un approccio molto diretto, molto semplice. Un altro aspetto è quello di parlare apertamente della salute mentale e della malattia mentale che non sempre si incrociano, la salute e il disagio mentale sono differenti; per garantire la salute mentale tu devi proteggere chi è affetto da malattia mentale e fare prevenzione per chi potrebbe avere il disagio mentale. Quindi, secondo me, far conoscere queste distinzioni, parlarne dentro la scuola, parlarne nel mondo del lavoro e creare reti di solidarietà intorno a queste persone che hanno difficoltà a relazionarsi; quindi lavorare in gruppo può essere difficile ma basta avere un sostegno reciproco e diventa più semplice. Penso alle donne che vengono a farsi visitare in consultorio, spesso arrivano in due per sostenersi reciprocamente, per vedere una la visita dell’altra, se lo decidono loro per me va bene, è garantire la libera scelta.
D: secondo lei come sarebbe possibile prendersi cura della propria salute mentale?
R: Per prendersi cura della propria salute mentale, se posso dire una cosa che dico sempre parlando di violenza sulle donne, la prima cosa è amarsi cioè avere stima e amore per sé stessi, devi avere una rete di relazioni dalla famiglia in poi che te lo consente, questo permette anche di fare degli errori, che facciamo per fortuna, perché non siamo degli alieni o dei robot, però l’errore ti consente di capire che hai margini di miglioramento. Stima e amore per sé significa anche mantenere reti e relazioni, uscire e condividere momenti conviviali, osare incursioni in luoghi che non conosci, che non ti rassicurano. Parlando da politico e uscendo dal ruolo di ginecologa, uscire dai propri circoli rassicuranti di chi la pensa come te, e buttarti con chi non sai come la pensa, questo aumenta la tua capacità di entrare in contatto diretto con il mondo.